Di chi è la colpa?
Diciamocelo non bisogna fare le cose tanto complesse. Chi tenta di guardare da tutte le parti in realtà non guarda da nessuna. Solo fumo negli occhi. Se siamo arrivati a questo punto ci deve essere un colpevole e non è che tanto difficile trovarlo: chi ha deciso che ci doveva essere, chi l’ha voluto, chi ha dato il via a questa follia collettiva che ci porta a radunarci in un posto dove musica, teatro e corpi si mescolano senza alcuna vergogna? Chi ha voluto Wonderland festival?
Sì, perché, in un’epoca dove tutto deve avere un colpevole, non c’è dubbio che qualcuno debba essere accusato di aver dato vita a questa ‘meraviglia’. Non possono essere stati i politici perché sono lontani dalle necessità della gente comune: le classi dirigenti sono corrotte, spesso incompetenti o distaccate dalle problematiche quotidiane del popolo. Loro utilizzano la democrazia solo per perpetuare un sistema di potere. Il festival è troppo inclusivo!
Chi l’ha voluto? Non può essere la stampa che non parla chiaro. Non c’è una stampa libera che dice le cose come stanno. Ti nascondono le verità scomode e ti danno solo le notizie che fanno comodo a loro. Per non parlare dei social media che sono tutti censurati…non si può dire una parolaccia che ti chiudono l’account. Il festival è troppo libero!
Chi è stato? Non possono essere gli artisti perché quelli non sanno divertirsi, sono sempre a crocifiggersi e a piangere sui mali del mondo. Il festival è troppo divertente.
Ma attenzione, non dimentichiamo gli sponsor, che magari fanno finta di appoggiare il sogno di un evento popolare, ma che in realtà sono pronti a rivendicare la paternità dell’idea non appena i numeri cominciano a lievitare. E in un clima di assoluta noncuranza per le ideologie, Wonderland diventa il palcoscenico dove tutti si sfidano a colpi di slogan e banner. Tutti vogliono essere coinvolti, ma chi ha davvero capito cosa stia accadendo? Chi ha il coraggio di dire che il festival non ha niente a che fare con la politica, e tutto con la voglia di vivere?
Ecco, in questa mischia, il vero colpevole potrebbe essere proprio lui: il pubblico. Sì, voi, che vi sedete tra uno spettacolo e l’altro, che vi godete l’atmosfera senza pensarci troppo. Non vi accorgete che, in ogni singola scelta, in ogni risata, in ogni sguardo lanciato sotto i riflettori di teatro o a cielo aperto, state inconsciamente contribuendo alla perpetuazione di un movimento che non ha bisogno di etichette, ma di sensazioni. Forse, senza di voi, Wonderland sarebbe solo una “festa”, ma con voi diventa una rivolta in cui nessuno può dire davvero chi ha “inaugurato” la rivoluzione culturale.
In fondo, la vera colpa di chi critica Wonderland è che non sa godersi la bellezza della mischia, del non sapere dove finisce il divertimento e dove comincia il pensiero. La colpa, forse, è proprio di chi si rifiuta di vedere che, in un mondo dove tutto viene analizzato e misurato, c’è ancora qualcuno che, a Brescia, è riuscito a creare un angolo dove, almeno per qualche giorno, il tempo e la politica spariscono, lasciando spazio solo alla magia della collettività, del dubbio, dell’incanto.
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