La mancanza di senso è un problema che ha a che fare con la vita in sé, o con la vita che facciamo? Il disincanto è un prodotto necessario del mondo, o del mondo per come lo abbiamo fatto? Come se niente fosse è nato dal tentativo di raccontare attraverso il genere fantastico e il pensiero esistenzialista, un certo tipo di inadeguatezza e di smarrimento dell’autore e della sua generazione, i nati tra gli anni Ottanta-Novanta, e forse anchi quelle prima e dopo: il fatto di sentirsi costantemente in ritardo rispetto alla vita,l’ansia di riuscire in qualcosa, l’assurdo di questa competizione continua (non si sa bene con chi) e il senso di colpa. Perché sapere che anche i propri amici sono nella stessa condizione non ci fa sentire meno soli o inadeguati? Perché problemi endemici come il precariato o l’assenza di futuro per quanto percepiti da tutti non si trasformano più in proteste collettive come in passato ma al contrario vengono sentiti, vissuti, trattati e a volte medicalizzati come problemi individuali? Ponendosi queste domande Davide Grillo ha scoperto che i suoi studi sull’esistenzialismo erano necessari ma insufficienti per descrivere come ci si sente oggi. Mancava una parte, sono cambiate delle cose ed è come se avessimo a che fare con un male di vivere del tutto nuovo. Per trovare questa parte mancante si è rivolto per lo più ai libri di Mark Fisher.
La mancanza di senso è un problema che ha a che fare con la vita in sé, o con la vita che facciamo? Il disincanto è un prodotto necessario del mondo, o del mondo per come lo abbiamo fatto? Come se niente fosse è nato dal tentativo di raccontare attraverso il genere fantastico e il pensiero esistenzialista, un certo tipo di inadeguatezza e di smarrimento dell’autore e della sua generazione, i nati tra gli anni Ottanta-Novanta, e forse anchi quelle prima e dopo: il fatto di sentirsi costantemente in ritardo rispetto alla vita,l’ansia di riuscire in qualcosa, l’assurdo di questa competizione continua (non si sa bene con chi) e il senso di colpa. Perché sapere che anche i propri amici sono nella stessa condizione non ci fa sentire meno soli o inadeguati? Perché problemi endemici come il precariato o l’assenza di futuro per quanto percepiti da tutti non si trasformano più in proteste collettive come in passato ma al contrario vengono sentiti, vissuti, trattati e a volte medicalizzati come problemi individuali? Ponendosi queste domande Davide Grillo ha scoperto che i suoi studi sull’esistenzialismo erano necessari ma insufficienti per descrivere come ci si sente oggi. Mancava una parte, sono cambiate delle cose ed è come se avessimo a che fare con un male di vivere del tutto nuovo. Per trovare questa parte mancante si è rivolto per lo più ai libri di Mark Fisher.




Crediti:
Un monologo di e con Davide Grillo
Produzione Teatro Metastasio di Prato